Prendersi cura di sé - seconda parte

Prendersi cura di sé - seconda parte

Prendersi cura di sé non è solamente una questione tra sé e sé, ma acquista senso nell’ambito della relazione con gli altri.
L’essere umano non esiste da se stesso, non può fare a meno di “passare” attraverso l’altro; ci si prende cura di sé non solamente per se stessi, ma anche rispetto agli altri, per mantenere il senso di “appartenenza”.
Se non ci si sente abbastanza importanti, se si dubita del proprio valore, se non si è trovato un proprio spazio, prendersi cura di sé sembra non avere senso.
Se, dalla considerazione e dallo sguardo che gli altri posano su di noi, dipende lo sguardo che noi poniamo su noi stessi, è lo sguardo genitoriale che, per primo, ci permette di sviluppare una buona o non buona relazione con il nostro corpo.
Saper prendersi cura di sé o dimenticarsi di sé, dipende sia dalla nostra storia personale che dalla nostra educazione. La percezione che abbiamo di noi stessi è stata forgiata da parole, gesti, sguardi, percepiti nell’infanzia; se questa esperienza è stata soddisfacente, noi potremo costruire un’immagine sana del nostro corpo e una buona stima di noi. In caso contrario, la relazione con il nostro corpo sarà più difficile e preferiremo dimenticare che è stato “non bene amato”, in svariati modi: cattiva alimentazione, affaticarsi fino a strapazzarsi, cattiva igiene di vita, ecc. A questo bagaglio di partenza, si andranno ad aggiungere i messaggi positivi o negativi trasmessi dalla nostra educazione; questi condizionamenti determinano il nostro comportamento: non osare prendere del tempo per sé senza sentirsi in colpa, considerarlo una perdita di tempo, un sintomo di egoismo, confondere il riposarsi con l’essere pigri, ecc. Tutte queste credenze, più o meno consapevoli, possono renderci sordi ai nostri bisogni e frenare il nostro desiderio di stare meglio. 
Scuse ne abbiamo sempre tutti, per dimenticarci di noi, in tutta buona fede. “Non ho il tempo per occuparmi di me”, “Ho di meglio da fare che andare a fare questa attività”, “Non ho i mezzi per… ” sono le scuse-scudo che mettiamo avanti. La più utilizzata è: “Non ho tempo”. Evidentemente, essa custodisce in sé delle credenze ben radicate, che occorre circoscrivere e “smontare” se vogliamo neutralizzare le loro influenze negative.
Tra queste, “Non ho il diritto di darmi piacere”, “Non mi merito di spendere questi soldi per me”, “Non saranno delle attenzioni nei miei confronti che mi renderanno più felice”… Ciascuna cela dell’aggressività che rivolgiamo verso noi stessi, uno stato depressivo, o addirittura dei messaggi che abbiamo ricevuto e sono andati far parte del nostro inconscio.
Vi porto l’esperienza di una persona, un uomo di poco più di quarant'anni (che preferisce rimanere anonimo).
“Ho preso consapevolezza di quanto fosse importante per la mia vita che iniziassi a prendermi cura di me, il giorno in cui ho deciso di andare nello studio di un’Operatrice in Bioenergetic-shen Treatment®. Me ne aveva parlato una mia amica qualche tempo prima, ma ero scettico a riguardo e poi pensavo fosse “una cosa da donne”. Dopo pochi minuti dall’inizio del trattamento, una cosa mi fu subito chiara: non sentivo niente, non sentivo il mio corpo, era come anestetizzato. Ora, a distanza di una decina di incontri, finalmente inizio a sentire, a sentire il mio corpo, per ora soprattutto la rigidità dei miei muscoli e quanto sia ridotta la mia capacità respiratoria. Avevo veramente dimenticato il mio corpo ma ora, a piccoli passi, lo sto ritrovando”. 












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