Cosa conta veramente per essere felici - seconda parte

Cosa conta veramente per essere felici? - seconda parte

Le piccole felicità della vita contengono lo stress, migliorando il nostro umore e rendendoci più forti difronte alle avversità. Ma noi non siamo costanti nella nostra capacità di apprezzarle. Fortunatamente, la si può apprendere.
Conosciamo tutti delle persone incapaci di fermarsi per concedersi un po’ di tempo per se stessi. Da dove deriva questa difficoltà?.
Esse corrono avanti per tentare di sottrarsi alla loro angoscia. Queste persone preferiscono fare piacere agli altri piuttosto che a loro stesse, sperando come ricompensa di essere amati. Fino a quando non faranno un lavoro su di sé per scoprire   la motivazione per la quale non fanno della loro felicità personale una priorità, saranno incapaci di offrirsi delle piccole soddisfazioni. Noi non ci vogliamo sufficientemente bene. Delle ferite infantili e una bassa autostima ci spingono a punirci, così come lo siamo stati nell’infanzia.
Noi sappiamo che alcuni bambini hanno la capacità di consolarsi da soli mentre altri sono inconsolabili; i primi hanno un tasso di serotonina più alto rispetto agli altri. Come sempre, l’ambiente rinforza o ostacola queste disposizioni di base. Noi scopriamo il piacere perché siamo stati accarezzati e coccolati durante l’infanzia, cosa che ci testimonia che ne eravamo degni. 
Certo, concederci dei momenti piacevoli è più facile se siamo cresciuti in un ambiente che li ritiene un valore o se abbiamo potuto vedere i nostri genitori amare e gioire della vita.
Se passiamo in rassegna ciò che ci dà piacere, troveremo senza dubbio un mosaico di ricordi legati all’infanzia. Nulla, di queste estasi personali, può essere ne’ codificato, ne’ comparato ad altro.


“Durante la mia infanzia, ho viaggiato sovente  in Africa con i miei genitori e mi ricordo dell’odore di pesce marcio del mercato. Certe persone si tapperebbero il naso con orrore, io apprezzo questo effluvio che mi riporta alla magia di quelle vacanze felici”. Ognuno se ne appropria a modo suo, le trasforma per farle diventare la sua storia personale.
A una persona potrà venire l’acquolina in bocca davanti a una tartina imburrata, che era la sua merenda da bambino, mentre un’altra persona preferirà di gran lunga l’odore dei biscotti della nonna adorata.
Ma la vita evolve e con essa anche i nostri piaceri. Essenzialmente perché essi nascono anche dall’apprendimento e dalla condivisione. 
Si può, per esempio, aver partecipato durante tutta la propria infanzia, alle gite domenicali con i nonni e, da adulti, organizzare delle passeggiate assieme agli amici.
Viviamo in un’epoca che ci spinge a confondere piacere con consumismo. L’arte di farsi piacere è quella di saper gioire di poco, dei piccoli avvenimenti alla nostra portata, di prendere la vita come un dono.
Siamo attirati dalle illusioni, in modo particolare quella di pensare che, con la ricchezza, potremmo concederci ogni delizia e ciò giustifica il rimandare il ben-essere a domani.
A coloro i quali pensano che darsi piacere sia futile, anzi egoista: “Dei ricercatori, durante un esperimento, hanno constatato che le persone che si concedevano un piacere, si dimostravano più generose verso gli altri”.

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